Vorrei raccontare un giorno a mio figlio di un’Italia dove non si muore da innocenti, dove un proiettile non ti trapassa il petto per caso, dove non ci si odia. Vorrei raccontargli di un’Italia diversa dove il male fosse sole un triste ricordo. Vorrei raccontargli quell’Italia che mia madre e mio padre hanno cercato di farmi capire, quella sognata da Sandro Pertini o Aldo Moro, quella denunciata Da Falcone o Borsellino, quella sacrificata da Peppino Impastato, quella che Fellini, Pasolini o Leone hanno mostrato in cellulosa, quella messa tra le corde di una chitarra di De Andrè o Gaber o Rino Gaetano, quella rincorsa da Pietro Mennea o combattuta da Nino Benvenuti o accelerata da Nuvolari. Quell’Italia malinconica, divertente, santa o puttana, insomma quella di istrionici come Manfredi, Sordi, Gassman, Tognazzi, De Sica o Mastroianni. Un’Italia un po’ più leggera alla Totò e Peppino “Punto, due punti, facciamo vedere che abbondiamo”. Una da riflettere alla Edoardo De Filippo o alla Dario Fò. Un’Italia bella come Sofia Loren, Claudia Cardinale, Monica Vitti e Anna Magnani. Un’Italia da scoperta, da libro, come quella di Dante o Cristoforo Colombo, come Garibaldi o Machiavelli o quella di Leonardo da Vinci o Galileo Galilei, quella di Meucci o Enrico Fermi. Vorrei rincorrere l’Italia come Coppi e Bartali, vorrei scorrerla veloce come la pista di Alberto Tomba. Vorrei quell’Italia da mondiali con Schillaci o di un cavallino rampante di Enzo Ferrari. Vorrei l’Italia di chi fa ricerca come Rita Levi Montalcini. Vorrei dire a mio figlio che l’Italia è un film di Bud Spencer e Terence Hill, che tutto è una musica di Ennio Morricone, che è solo una risata di Benigni o un grido accordatissimo alla vita come quello di Luciano Pavarotti. Vorrei parlare di un’Italia in allegria come quella per Mike Bongiorno o che non è finita qui come Corrado. Vorrei quella da speranza e fiducia per i giovani di Giovanni Paolo II, quella che vola di Modugno, quella molleggiata di Celentano o Rock di Vasco Rossi. Vorrei quella complice come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, quella che il dialetto non conta perché tanto si capisce lo stesso come Massimo Troisi. Un’Italia da inchiostro di Enzo Biagi o poetica come Alda Merini o Fernanda Pivano. Vorrei quell’Italia, quella dell’amore dei miei genitori, quell’amore che spera che torni a casa dopo la scuola e che non può immaginare che andando a istruirti potresti saltare per aria.